Lettura critica della sentenza n. 24782/2018 con la quale la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha stabilito che, ai fini della sussistenza del reato di omesso versamento di ritenute certificate, di cui all’art. 10 bis D.lgs. 74/2000, è necessaria la prova del rilascio delle certificazioni da parte del sostituto d’imposta
La stampa specializzata ha dato ampio risalto alla sentenza in commento sottolineando come le Sezioni Unite abbiano sposato l’orientamento, maggiormente favorevole agli imputati, che richiede la prova del rilascio della certificazione al sostituito per fondare la responsabilità penale del sostituto d’imposta in caso di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis D.lgs. 74/2000).
Spesso l’Amministrazione finanziaria comunica la notizia di reato in base al solo modello 770 senza verificare se effettivamente il datore di lavoro abbia rilasciato al lavoratore la relativa certificazione. Questo tipo di controlli rientra nel novero dei c.d. controlli automatizzati nel senso che il “sistema” evidenza l’omesso versamento delle ritenute certificate rispetto a quanto dichiarato nel modello 770 e l’Agenzia emette non un vero e proprio avviso di accertamento ma una comunicazione di irregolarità.
Nel tempo si erano formati due orientamenti di legittimità: secondo il primo era sufficiente il dato emergente dal modello 770 per fondare la penale responsabilità del datore di lavoro, mentre per il secondo tale dato è insufficiente se non corroborato dalla prova dell’avvenuto rilascio delle certificazioni.
Come sopra indicato la sentenza in commento avvalla quest’ultimo orientamento con alcune precisazioni che forse non sono state oggetto della dovuta attenzione.
La sentenza infatti dice che “il contrasto verte, in realtà, su null’altro che su una valutazione di carattere probatorio. Semplificando, si potrebbe affermare che l’unico vero sostanziale effetto differentemente conseguente ai due orientamenti sarebbe quello di esonerare o meno il pubblico ministero dall’onere di ricercare, al fine del raggiungimento della prova richiesta sul punto già sottolineato, elementi ulteriori e diversi (orali, come ad esempio le dichiarazioni dei sostituiti, o documentali) rispetto alla sola dichiarazione modello 770 (nel panorama giurisprudenziale già complessivamente richiamato solo Sez. 3, n. 37075 del 2015, Ravelli, cit., sostiene, con affermazione che parrebbe presentare margini di equivocità rispetto al principio di atipicità delle prove penali, che il giudice deve fornire anche “risposte precise e concrete sulle ragioni per le quali non ha percorso la strada diretta dell’acquisizione dei certificati stessi privilegiando una prova pur sempre indiretta del reato ma a rischio di derive analogico sostanzialistiche”).”
A ben vedere, la mancata produzione delle certificazioni non comporta necessariamente una pronuncia assolutoria, potendo il P.M. dimostrare aliunde l’effettivo rilascio delle certificazioni.
Infatti, nel caso specifico deciso dalla sentenza in commento, nonostante la mancata produzione delle certificazioni, La Suprema Corte ha annullato la sentenza con rinvio affinché i Giudici di Secondo Grado decidano in base al seguente principio di diritto “con riferimento all’art. 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158 del 2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non può essere ritenuta di per sè sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscale”.